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19 maggio
Due passaggi
Testo: Maurizio Stivi Tiveron

 
Maurizio Tiveron
 
Vi ricordate la spudorata inversione di Craig Breen al Ciocco 2019, prova speciale n.10? Credo l'abbiate vista tutti, no? Per alcuni un numero da manuale, per altri un bel salvataggio. Per me invece, semplicemente un altro motivo in più per continuare ad amare e seguire i rally di oggi. Perché anche se non sono più i miei rally, i bei rally di una volta, finché ci sono e ci saranno ancora di questi numeri, di questi salvataggi, vuol dire che c'è e ci sarà ancora speranza, c'è ancora abbastanza mestiere in giro per continuare a giustificare una passionaccia dura a morire.

Tipo la mia insomma.

Checché ne dicano i supernostalgici integralisti, nei rally di questo secolo e soprattutto di questo 2019 io continuo a vedere spettacolo. Lo spettacolo sta tornando, è tornato alla grande, altroché. Sono un supernostalgico anch'io eh, però essendo abituato a curare i dettagli e ad approfondire le cose, vedo e comprendo le differenze, almeno ci provo. Vado avanti, valuto tutti gli aspetti e alla fine continuo ad amare i rally con tutto me stesso. Come potrebbe essere altrimenti?

Come dici? "No, no"… Mi dispiace: risposta sbagliata.

Controbatterò fino alla noia che no, non è "perché sono tornate le gruppo B", niente di più sbagliato. Controbatterò fino alla noia quanto questa affermazione denoti una certa, diffusa, superficialità di analisi. Ma non qui, non ora.

Le potenze sono aumentate, sì. Rimanendo comunque lontani dai valori di fine 1986, rispetto ai quali sono aumentate invece le velocità di percorrenza e le dotazioni di sicurezza attiva e passiva. Il problema semmai rimane quello intrinseco delle corse su strada: la strada appunto, con le sue mille incognite, pericoli e trabocchetti. Tutto questo è rally.

"Eh, però vuoi mettere le maratone di una volta? 5000 chilometri di gara, prove anche fino a 80 km, 100 km, 150 km e oltre …" Certo che metto anche questo sulla bilancia. Ma a fronte di percorsi sempre più sprint, di assistenze centralizzate, di auto che fanno tutto da sole (see…come no!) sull'altro piatto metto piloti, copiloti e direttori sportivi che oggi devono fare i conti con innumerevoli limitazioni inesistenti ai bei tempi, soprattutto a livello di numero pneumatici a disposizione e di passaggi di ricognizione.

Uno dei primissimi commenti che lessi sotto quel video del Ciocco accennava appunto alla bravura del Craig al debutto al Ciocco e "…con solo due passaggi a prova".

Mettendo sulla bilancia tutto quanto è cambiato nei rally degli ultimi decenni, degli ultimi anni ecco che, a parità di prestazioni e di opportunità tecniche, secondo me ultimamente l'ago è tornato a puntare sull'uomo, sul talento, sul mestiere appunto, sulla gestione di gara e sull'improvvisazione. Anche il recente Copec Rally Chile ha evidenziato come una cartina di tornasole questo aspetto.

Che si tratti di un gara che già conosciamo o che rappresenti il nostro debutto in quello specifico rally, oggi ci si prepara studiando preventivamente quanti più onboard possibili. Il web ci offre molto materiale e solitamente gli organizzatori stessi pubblicano camera-car descrittivi delle varie prove speciali. Possiamo così procedere ad una prima stesura delle nostre note per poter presentarci al meglio ed ottimizzare al massimo i due passaggi due di ricognizione concessi dal regolamento.

I tre giorni di rally sudamericano, inedito per la maggior parte dei top drivers al via, hanno messo in luce qualità ed equilibri mentali di ciascuno, evidenziando le diverse capacità di adattamento, improvvisazione ed interpretazione dei vari equipaggi al via.

"Con solo due passaggi a prova."

Ah, i bei tempi.

Avendo vissuto in diretta il cambiamento e l'iter che ci ha portati gradualmente a questa brida regolamentare, ne comprendo necessità e motivi. Ma francamente è qualcosa che non sono mai riuscito a digerire fino in fondo. Io sono uno che si adatta e accetta il cambiamento, anche perché se non lo facessi impazzirei. Ma a me, la faccenda delle ricognizioni limitate, regolamentate, blindate ha sempre fatto lo stesso effetto nausea dei megacartelli con la mano alzata "ALT" alle uscite in contromano dagli autogrill, per fare un esempio. Nel senso che non ci vuole una gran scienza per capire quanto non sia una cosa propriamente salutare il reinserirsi in autostrada in contromano. Quei cartelli non c'erano mica quando io presi la patente. Ma più di qualcuno tentò inconsciamente l'impresa del contromano, con conseguenze nefaste. I legislatori pensarono quindi che magari conveniva installare dei promemoria preventivi.

Per colpa di pochi pagano tutti insomma. E nonostante tutto, ogni tanto purtroppo accade ancora qualche contromano. Così come succede che qualche equipaggio venga ancora pizzicato a provare un rally al di fuori degli orari ristretti e delle date imposte dall'RPG. È inevitabile e succede in tutta Europa, non solo nelle gare minori e non solo con i piloti della domenica.

Anche se non è propriamente o sempre un "delitto".

Piuttosto, il delitto continuato che portò a questa rivoluzione va spalmato negli anni sulla colpa, sulla (ir)responsabilità e sulla mancanza di equilibrio di molti che, ai bei tempi, letteralmente consumavano strade, muri e scocche nei giorni, settimane e qualche volta mesi precedenti un rally. Però, dopo tutto, che bei tempi davvero … Per raccontarvela, prenderò spunto come sempre dal rally di casa: il mio adorato Piancavallo, nei primi anni '90. Ma questa volta non solo per motivi logistici. (Nella foto Fiorio e Pirollo nelle ricognizioni del Piancavallo 1986)

Con la faccenda dei coefficienti il calendario del CIR era piuttosto fitto, anche se i top team prediligevano e sceglievano ovviamente solo i rally che avrebbero garantito un punteggio maggiore. Tuttavia, le date tra un round e l'altro dei vari programmi rimanevano relativamente vicine e i contendenti al titolo tricolore avevano solo poche settimane per preparare e soprattutto per provare il rally successivo. Ma pensa te che sfortuna.

Il Pianca era diverso.

Collocato a fine estate, rappresentava una ghiotta opportunità di rally-vacanza (pur con tutti i distinguo possibili e immaginabili) e così per noi adolescenti drogati di rally la festa iniziava già a fine Luglio, quando cominciavano a vedersi in giro i primi muletti "ufficiali" che al tempo erano vere e proprie auto da gara. Per i piloti locali invece l'impegno durava un anno intero. Se si aveva la fortuna di conoscere in anticipo (grazie ad amici di amici di amici di 'Icio) il percorso esatto delle varie prove speciali appena il road book veniva presentato in CSAI, si cominciava a provare il Rest o l'alta Carnia o le dragsterate su terra tra le campagne di Aviano già in Aprile. Neve permettendo. Si sacrificavano week-end su week-end o notti su notti su notti di chilometri.

Non per abusivismo congenito eh, dato che non c'era assolutamente nulla di illegale, quanto per necessità. Le prove erano tante, il percorso era davvero lunghissimo e tanti di noi il giorno…lavoravano.

Il clou come detto era Agosto, quando noi, ancora minorenni e armati di moto motorini e vespette, iniziavamo in gruppo la nostra Dakar giornaliera. Anzi spesso notturna, con le varie tappe verso Poffabro, Meduno, Campone a caccia di muletti e vip, armati di zainetto, panini, birra e foto da autografare. Storie già raccontate, dette e ridette: un rally che durava un mese.
 
Maurizio Tiveron
 
Poi arrivarono i professoroni. Piloti cui non bastava fidarsi del copilota, ma tendevano letteralmente ad imparare a memoria centinaia e centinaia di chilometri di prova speciale. E non solo a livello di note, ma simulando anche velocità e traiettorie precise. Esattamente come in gara.

Prima che la situazione precipitasse del tutto, qualche top driver si organizzò in maniera, bisogna anche dirlo, ingegnosa e per certi versi responsabile, coinvolgendo cioè due macchine civetta a precedere e a seguire. Apripista e chiudi pista mobili insomma, che via CB comunicavano se la strada fosse libera o meno e davano l'ok al muletto scatenato. Comportamento illegale (la strada era pur sempre aperta al traffico) ma quantomeno responsabile. Il clou lo vidi con i miei occhi una notte, con un trofeista Peugeot (non faccio nomi altrimenti mi bocciano il racconto :) ) preceduto da una Tipo con lampeggiante blu sul tetto … Fantasia power.

Ma qualcosa stava cambiando, i muletti erano già stati aboliti e la vettura da ricognizione doveva essere "totalmente di serie e monocolore", come recitava un Annuario CSAI di metà anni '90. NON doveva recare alcun adesivo e, solo per le gare FIA come il Piancavallo, era concesso il montaggio di rollbar, sedili avvolgenti e cinture a sei punti.

Fine della lunga fiera multicolor pre-rally. Anche se noi non ne avevamo mai abbastanza …

Io sono sempre stato un animale notturno e in quegli anni lavoravo anch'io, di giorno. Intendo dire un lavoro dipendente, regolato da orari e che nulla aveva a che fare con il motorsport.

Ormai ero in età ed ero iscritto a vari Piancavallo di quegli anni là. Dopo aver concluso la nostra sessione di ricognizione notturna, il mio pilota (sempre più responsabile di me) mi accompagnava a casa verso l'una, le due, poi se ne filava dritto a casa sua a letto per cercare di recuperare sonno e svegliarsi produttivo la mattina. Io lo salutavo, prendevo la mia macchina e tornavo sulle prove da solo … per vedere le ricognizioni degli altri. Lo spettacolo delle ricognizioni con i mulettoni-auto da gara stava per finire, anzi era già finito da un pezzo, ma la passione no. Persisteva sempre il fascino della notte e soprattutto della sorpresa.

Le ricognizioni cominciavano ad essere monitorate, regolamentate, ma non bastò a limitare i danni. Parallelamente con il consueto festival dei carrozzieri pre-rally, soprattutto nella zona di Aviano, non diminuirono affatto le lamentele degli abitanti sul tracciato di gara, così come il fatturato di molte Prefetture locali…

E così si arrivò al taglio totale dell'inventiva con l'istituzione delle ricognizioni autorizzate, limitatissime e inserite di fatto nell'RPG, con date ed orari ben definiti, controlli a timbro e marshall a vigilare.

Dopo questa lunga intro/riassunto, a fronte dei millemila meravigliosi passaggi liberi e selvaggi di un tempo e dei due/tre passaggi controllati a mitra di oggi, vi voglio raccontare di due miei rally disputati quasi del tutto … senza ricognizioni 

Non per protesta eh. Il fatto è che passarono altri anni, altri innumerevoli danni, e nel frattempo io mi trovai a lavorare in maniera sempre più massiccia e a tempo pieno nel motorsport. Passavo il mio tempo in mezzo alle macchine da corsa, ma paradossalmente non avevo più tempo per correrci io e questo portò alla fine della mia attività di copilota. Come preciso sempre: "per ora", anche se gli anni senza licenza continuano a passare uno dopo l'altro …

Vabbè. Con un'incrollabile fiducia nel futuro torniamo quindi al 2004.

Nel cuore dei miei sei mesi di Co.Co.Co. in Rubicone Corse, sfornavo per il team due, tre fino a quattro livree alla settimana. Vivevo a Fratta Terme, Forlì, e Savignano Sul Rubicone distava un'oretta di strada da casa mia. Collegamenti con mezzi pubblici scomodi, avevo bisogno di una macchina giacché la mia gloriosa 5 GT Turbo aveva ceduto di schianto qualche mese prima e fino a quel momento avevo avuto in uso la Punto aziendale della ditta con cui avevo appena concluso il mio precedente rapporto di collaborazione. Mi ero innamorato di una Smart Roadster (insultatemi pure) sulla quale avevo inesorabilmente puntato gli occhi. Al tempo non avevo tutto il budget necessario per l'anticipo, ma mi vennero in aiuto i rally.

Un giorno il mio amico Dino mi telefonò "Vecio, tutto ben? Come semo, come andiamo?"

Avevo navigato in qualche rally Dino Alzetta quando ancora abitavo a Maniago. Poi, il mio vagabondaggio lavorativo in centro Italia aveva avuto la meglio ed ero fermo da qualche anno. Come lui, del resto. Mi lanciò l'idea di riformare una tantum l'equipaggio valoroso per il Rally Alpi Orientali di fine estate, di lì a qualche mese. Il mio latente senso di responsabilità quella volta ebbe stranamente la meglio e gli risposi che purtroppo io avevo altre urgenze, vedi: la macchina da comprare. Ma gli Amici di solito servono a qualcosa e Dino si propose di aiutarmi, anticipandomi parte del budget necessario

"Tranquillo vecio, dopo mi saldi con calma. Però mi navighi dai: femo sto Alpi su po! Fuarce Friûl!"

Ok, affare fatto. E così nei mesi successivi potei coprire comodamente il tragitto giornaliero casa-Rubicone Corse e casa-campi di gara dove continuavo a confezionare livree per conto mio, al volante della mia bellissima (insultatemi pure) Smart Roadster nera. Ma il lavoro, fortunatamente, era tanto. Così come i chilometri sui chilometri. Sempre in giro.

La data fatidica si avvicinava. Ero pronto: avevo rinnovato la mia licenza, impolverata da quasi quattro anni di stop. Avevo riesumato la mia tuta, anche se non ci stavo più dentro. Stesso problema per Dino con la sua … così la mia bianca la usò lui ed io utilizzai fiero una bellissima ex Esso-Grifone gentilmente prestata per l'occasione da Mauro Iacolutti.

Tutto pronto quindi e il primo dei due giorni di ricognizione regolamentate dell'Alpi mi presentai puntuale in … Racing Lions, giù a Cesena.

Lavori dell'ultimo minuto. Dovevo terminare qualche ritocco pre-Rally Barum al 306 Maxi in uso nell'ERC a Luca Pedersoli, uomo Rubicone Corse in quella stagione.

Mentre finivo il mio lavoro, Moreno Fusai curiosava e quando gli dissi che ero di Maniago mi rispose: "Maniago … Friuli … Uh, ma c'è l'Alpi Orientali questo weekend, non vai a casa vederlo?"

Sì sì, lo so, sono iscritto gli risposi. "Ma come scusa, non sei su a provare??" No no, ho la borsa in macchina e vado su, parto appena ho finito qua: proviamo solo domani, ci basta.

Il Moreno si allontanò sorridendo "Ah, tutto ok allora …", scuotendo la testa piuttosto stranito.

Non mi presi la briga di raccontargli come nella mia rientré pre-estiva di qualche mese prima a Maniago, col Dino una domenica andammo a fare una scampagnata dalle parti di Cividale del Friuli. Ma cosa avete capito? Un giretto senza impegno per cantine sue sponsor, che casualmente erano dislocate sulle strade del rally. Non pensate male dai, era per fargli provare la mia bellissima (insultatemi pure) Roadster nera. Anche se, dato che c'eravamo, io ne approfittai per prendere degli appunti su un bloc notes, qualcosa che somigliava a delle note insomma. Poi ci fermammo a mangiare da qualche parte e, combinazione, incontrando per puro caso altri nostri amici rallisti, in gita domenicale per cantine. Come noi, ma pensa te che coincidenza.

Robe illegali, robe cadute ormai in prescrizione, anche se davvero non facemmo nulla di male quella volta lì. Ma il clou del correre per puro divertimento accadde quattro anni prima, quando il mio occasionale pilota ed io affrontammo un altro rally di Campionato Italiano, quella volta totalmente senza aver coperto nemmeno un metro di ricognizione. Neanche un metro illegale.

E accadde tutto, per un pelo, già in questo secolo.
 
Maurizio Tiveron
Maurizio Tiveron
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Capodanno passato da mesi ormai ed eccoci nel nuovo millennio 2K, senza nessun millennium bug catastrofico. Che ci avevo pensato già io a tirare una riga, profonda, alla mia Vita.

La prima, il mio primo grande salto.

Il 7 Luglio 2000 ci fu il mio primo esodo epocale Maniago - Castelfidardo con la complice piena da arresto ... La "complice" era la mia SW di terza mano di allora, una Austin vetri scuri e complice appunto di mille chilometri ed avventure, non solo a motore. Ogni volta che ci si incontrava in giro, il mio amico driver Francesco Nucibella da Padova giocava sul nome di quella macchina improbabile, chiamandola invece "Austin Powers", perché assieme avevamo coperto non poche missioni ehm … segrete.

Comunque via, via da Maniago verso la mia seconda Vita. Portandomi dietro anche la mia Vita precedente, il lavoro e tutti i miei contatti. Quelli buoni. Tipo una telefonata con tipico accento Pugliese/Veneto, giusto poche settimane dopo quel mio epico viaggio.

Per rendere l'atmosfera devo proprio trascriverla così, cristallina come la ricordo:

"Eora, o femo o no sto benedetto reli insieme?"

"No go miga tempo Antonio, me son pena trasferìo, come fasso … provar ... girar"

"Eora? No provemo miga, nianca mi go tempo, andemo in diretta: Mickey Mouse come al RAC! Dai Stivi ... diobbono. Se iscrivemo, te iscrivo. No se discute."

Traduzione di sicurezza:

"E allora, lo facciamo o no questo benedetto rally assieme?"

"Non ho mica tempo Antonio, mi sono appena trasferito, come faccio … provare ... girare"

"E allora? Non proviamo mica, nemmeno io ho tempo, andiamo in diretta: prove speciali Mickey Mouse come al RAC! Dai Stivi ... accidenti  Ci iscriviamo, ti iscrivo. Non si discute."

OK. Ciao, ciao.

Il rally in questione era l'Adriatico, sesta tappa del Trofeo Rally Terra 2000. La nostra macchina sarebbe stata una peperina Škoda Felicia Kit Car. Come avrei potuto dire di no?

L'accento strano misto veneto/pugliese era quello di Antonio Intorcia. Professionista odontotecnico Salentino residente da anni in Veneto a Conegliano, nonché presidente dell'omonimo team Scuderia Conegliano. Era mio amico e cliente da diversi anni e grazie a lui disegnai le mie prime livree per Pucci Grossi, così come la livrea base "Ultron" verde bottiglia (1999) e grigio metallizzato (2000) per le Lancer di Mario Stagni, Ralliart Italy.

Io gentleman copilota occasionale, lui gentleman pilota occasionale, ricordo con nostalgia tutte le sue e.mail che si chiudevano sempre con citazioni coltissime e ad-hoc con l'oggetto stesso della missiva. Perché era un'amicizia che andava al di là dei rally e dei "patachini". Oltre a ordinativi e misure di adesivi vari, spesso il nostro carteggio elettronico sconfinava in confidenze e scambi di idee/consigli in merito ai miei turbolenti ed acrobatici turbamenti di allora nei confronti dell'altra metà del cielo. Questioni di donne insomma.

Citazione dopo citazione, e.mail dopo e.mail, Antonio ed io ci eravamo promessi più volte che prima o poi lo avremmo corso almeno un rally assieme. Io ero sparito dal Triveneto e quel rally bisognava farlo per forza, "prima che te me finissi chissà dove" (citazione)

Come d'accordo e come da accordi, non provammo nulla. Il giorno delle verifiche Antonio scese direttamente a Pesaro mentre poco più a nord, a Rimini, io terminavo la decorazione di un Ferrari 355 Challenge impegnato nello stesso weekend ad Ascoli Piceno con la Coppa Paolino Teodori, Campionato Italiano Velocità Montagna. Finita la cavallina rossa mi fiondai con la mia super complice a Pesaro: verifiche al minimo sindacale, su sulla Felicia due adesivi di numero ("I gatu portai?", li hai portati?) ordinati con una delle sue consuete e.mail forbite di citazioni di autori classici e via a cena, in ottima compagnia. Alfredo Stival, Monica Fortunato, Adriano Scalcon, Gianni Marchi, Albino Gabriel (con cui collaborava Antonio) e altra bella gente.

Dopo cena, in albergo ecco le nostre, le mie ricognizioni. Antonio a dormire ed io tre ore sul letto per ricopiare le note di Adriano Scalcon. La mattina dopo, pronti via.

Note perfette. Ricordo solamente un errore senza conseguenze, un dritto in una destra in discesa verso un cancello fortunatamente aperto. Inversione nel piazzale di terra dell'azienda agricola, recupero del percorso corretto e via di nuovo. Simpaticamente, ricordo il camera-car allegato al mensile RallySprint, con Cunico e Pirollo autori dello stesso nostro svarione. Anche se poi loro due lo vinsero quell'Adriatico.

Noi invece avevamo una macchinina davvero divertente, un piccolo carroarmato. Però oltre all'assetto da terra la macchina era rimasta in una sorta di configurazione "asfalto light". Guarnizioni alle battute porte non pervenute insomma, così come i filtri per tenere a bada il fesh-fesh di Pesaro, di quel meraviglioso Adriatico come sempre ottimamente organizzato dal buon Oriano Agostini. E così già alla fine della seconda prova, con quelli del Trofeo Ibiza che ci raggiungevano dietro incazzati, sento Antonio nell'interfono che mi dice "Stivi, mi no me diverto un ca..o ... te dispiase se se ritiremo?" Col filo di voce risparmiato dalla polvere approvai senza pensarci due volte e deviammo all'assistenza, per tifare un po' gli altri nostri compagni d'avventura, Adriano, Alfredo, la Monica e salutare l'Albino "GASS" Gabriel.

Ma già allora mi giravano le scatole rimanere a bordo strada, in assistenza, ad un rally, a non fare nulla insomma che non fosse "leggere le note".

A rally ancora in corso decisi quindi di salutare ben presto la compagnia e scappai via. Altra sfiondata verso sud con la mia complice, ancora con la tuta addosso che non c'era mica tempo da perdere. Doccia furente a casa a Castelfidardo e seconda parte della fuga ancora più a sud verso Colle San Marco per il post prove della Coppa Paolino Teodori, a reincontrare la Ferrari 355 decorata il giorno prima a Rimini.

Cena con il team salitaro su a Colle San Marco e poi altra fuga con tre intrepidi irriducibili verso l'Adriatico, verso San Benedetto del Tronto per ballare fino all'alba. Non stop. Alle prime luci del giorno, cornetto cappuccino e ritorno verso Ascoli, verso Colle San Marco per la gara ...

Altri tempi, altro fisico e altra mentalità.

48h non stop senza dormire: dopo le poche ore di sonno a causa della copiatura tardiva delle note, pronti via per un rally come copilota a vista. Poi ritiro e via per altri 200 km di strada. Poi cena eccetera, sbunnata in discoteca sulla spiaggia fino all'alba, rientro al paddock di gara CIVM e, ciliegina sulla torta, domenica a tarda notte finalmente rientrato a casa e sprofondato a letto nella mia amata soffitta di Castelfidardo, due sms di quelli belli bellini.

"Breve ma intenso, ci siamo divertiti dai. Ci rifacciamo alla prossima. Ciao, Antonio."

E poi il secondo:

"Grazie per la bella giornata sono stata bene. Ci vediamo in settimana? F."

Preludio della mia prima vera convivenza eccetera eccetera, iniziata di lì a pochi giorni con questa "F", grazie al coraggio preso a piene mani e soprattutto ai consigli in merito contenuti nelle e.mail del mio caro amico, gentleman driver di quelli che non ce ne sono più, Antonio.

La convivenza intensa e burrascosa durò poco meno di un anno.

Quel ci rifacciamo alla prossima invece non ci fu mai. Io disputai il mio ultimo (per ora) rally nel 2004 (quell'Alpi Orientali con Dino Alzetta) e Antonio Intorcia ci lasciò purtroppo nel 2012.

Ma il ricordo di quella esperienza "a vista" è ancora vivissimo. Nonostante la polvere di quel giorno e quella che l'acqua passata sotto ai ponti in tutti questi anni non è mai riuscita a lavare via.
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